mercoledì 31 ottobre 2007


fino al 28 novembre 2007 è visibile l'expo (acrilico su legno)
Istantanee
Donne ritratte a Roma
Esposizione di FRANNY THIERY
La mostra è presentata da un RACCONTO di LIDIA RIVIELLO

Le donne di Franny
di LIDIA RIVIELLO
Quando chiesero a Franny di rimettere a posto le cose, gli oggetti animati ma dispersi di alcune donne in una stanza a Trastevere, lei entrò in punta di piedi, con attenzione, per non rompere il cristallo appena sospeso sulla soglia dello sguardo.
Vi erano aria e acqua dentro la stanza, e pure terra, per non parlare del fuoco e dei fiori. C’era tutto quello che serviva a Franny per vedere fino in fondo e in quel mondo, non l’astratta e dispersiva “altra metà del cielo”, ma il cielo stesso, intero, reale, un azzurro concreto e dirompente. Mancavano gli oggetti, quelli che servono di solito alle donne di un racconto per partire la mattina e tornare la sera a casa senza paura di aver perduto tutto con il nulla.
Tenne acceso lo sguardo Franny, per non dimenticare nessun dettaglio, per non lasciare al buio nessun metallo, né il cristallo, e nemmeno il ventaglio. Sono solo oggetti pensò, di donne qualsiasi, e presa in mano l’aria caduta a terra, si rimise alla ricerca dell’accessorio fondamentale, quello che tiene su i capelli delle donne, che delle ragazze conserva dipinti di blu, i misteri.
Si dice ancora che di quelle donne, Franny ritrovò un fermaglio dalla punta accesa, una scarpa di lacca rossa, una fotografia venuta mossa, rintracciò gli appunti presi di nascosto, le date di partenze prenotate e i ritorni disdetti per non parlare delle scommesse con l’oblio fatte durante una vacanza d’amore vero che non finiva mai.
Scavò in un materasso, nella morbidezza che Laure aveva conquistata dopo notti insonni, prima del capodanno di ogni anno. Cercò il mistero nel cassetto, dove Daria aveva conservato il rossetto, liberato dall’inganno il sospetto.
Al materasso seguì il tacco di una scarpa teneramente lasciata sulla soglia di casa, pavimenti d’ombre e di adolescenze di cigno attraversati a piedi nudi come si attraversa l’oceano a vent’anni: d’un fiato. Infine ricavò le essenze di una giovinezza di quartiere, un profumo di Sveva, quell’odore di maturità, prossima a risplendere.
Franny non si scompose, rimase intera durante l’escursione e si tenne al lato della stanza, guardò lì dove mancava la luce, lì dove al vuoto si sovrappone altro vuoto, e si accorse che non erano gli oggetti a mancare ma le donne a non esserci ancora.
Allora le rintracciò da un inconscio di medusa, da un sogno fatto in una campagna francese, quando alla luce si aggiungeva altra luce, e inventò, rintracciandole sui tabulati stellari della città, le sue donne, e le chiamò per nome, e questo bastò, dunque restituì loro il racconto dentro il quale si erano perse per tutto quel tempo.
Da quel senso del vero Franny ricavò un ritratto di donna intero. Tutte le amiche e le sorelle adesso abitavano la stanza della memoria, che teneva insieme le maglie della storia, e una faceva l’altra e l’altra diventava una e un’altra ancora si faceva in due per aiutare l’altra a non scomparire, in una Roma che “se ti nascondi ti trovano le prime stelle del mattino e non ti mollano più.”
Quando si trattò di portare la stanza fuori, in strada, nei vicoli, nei locali sempre accesi, nelle piazze, allora le donne di Franny ritrovarono la loro autentica immagine perduta, lo spirito che tanto abitò nel mito, il vero corpo raro da tenere caro.
Abitarono lo spazio di una Roma dove se fai la fila per sognare vuol dire che non ti resta altro che il sogno che ti appare, e ci fecero una gran festa con tutta quella smemoratezza, con il cristallo del tempo, con la riconquistata bellezza. Le donne di Franny si fecero vive più che mai, vive per vivere a lungo, in attesa di un’eclissi fanciulla. Queste donne non spensero più la luce, non fecero più buio per sempre. Se questo mai accadde durò poco, il tempo di rimettere a posto ancora una volta quelle loro cose lasciate in un angolo del ritratto, sullo sfondo della giovinezza. Testimonio che nessuna donna da Franny guardata rimase mai sola, senza storia, senza memoria.

Lidia Riviello
Roma, Ottobre 2007

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